In “Campioni, una razza a parte” a 30 anni dalla morte di Gaetano Scirea è intervenuto Gianni Crimella, primo allenatore di Scirea e organizzatore del Memorial a lui dedicato.
“Noi siamo gli amici della sua adolescenza a Cinisello Balsamo. Lui era unico. Quando l’ho portato a Bergamo era la prima volta che giocava su un campo a 11: in campo si trasformava, fuori era una persona tranquilla, semplice, dalle doti umane uniche, il rispetto per gli altri era nel suo dna. Per il padre il calcio era una perdita di tempo, ho dovuto convincerlo, era troppo bravo. Negli oratori era difficile andare a pescare, dovemmo creargli l’occasione per il provino. All’esordio in serie A a 20 anni si trovò contro Gigi Riva, l’attaccante che faceva più paura.
Tutta la famiglia era interista, la prima partita che ha visto è Inter-Liverpool di Coppa Campioni con il famoso gol di Peirò che strappa la palla al portiere.
Avevamo un rapporto speciale, andavo poche volte a Torino e quando mi vedeva mostrava un affetto fraterno. Gaetano era amico dei più semplici. Una volta gli ho chiesto di sbrigarsi a fare gli autografi e mi ha rimproverato, ‘ Io sono il capitano, tutti devono andare via da Torino col mio autografo’.
Con Bearzot c’era una fiducia totale. Da libero gli permetteva di attaccare nonostante fossimo in vantaggio nella finale Mondiale e lui ha fatto l’assist più importante della storia del calcio italiano, quello per il gol di Tardelli nella finale Mondiale. Era 30 anni avanti a tutti per come interpretava il ruolo”.
