“Questa finale è importante per la squadra, è importante per il movimento, è importante per la Federazione. Poi, che ci siano dei problemi, è abbastanza chiaro a tutti”. Il presidente federale, Giuseppe Manfredi, fotografa così la situazione azzurra alla vigilia della gara con gli Stati Uniti che vale l’ultima medaglia disponibile per l’Italia, dopo la durissima sconfitta contro il Brasile. Ma è chiaro che la Federazione nel suo complesso sta già guardando oltre la partita di oggi.
Indipendentemente dal risultato i problemi di cui si parla non riguardano soltanto l’aspetto tecnico del Mondiale, in cui la squadra che – a detta di tutti gli addetti ai lavori – era la grande favorita di questo torneo, ha perso la semifinale in maniera dolorosa. Già dopo che l’ultima palla era caduta a terra è stato visibile a tutti quelli che erano nella Omniarena che c’è un problema di rapporti all’interno della squadra. Il Brasile ha vinto perché ha preparato meglio la partita contro le azzurre (la differenza dei muri 21 a 7 è un termometro indicativo), ma anche perché la squadra di Zé Roberto è un gruppo coeso, cosa che non è purtroppo (e amaramente) quello dell’Italia. Fino alla semifinale è stato possibile nasconderla, ma le evoluzioni di Gabi o Carol sono state lo tsunami che ha fatto volare via il tetto di paglia.
Adesso è anche troppo facile dare le colpe a una persona sola, il tecnico Davide Mazzanti. Non sarebbe giusto, né tecnicamente corretto, perché se si è arrivati a questo punto non può essere colpa di una persona sola. Ma un tema di gestione. È abbastanza chiaro che qualunque cosa accada oggi pomeriggio contro la squadra di Karch Kiraly, è possibile (probabile?) che la Fipav cerchi un’altra guida tecnica.
Ma allo stesso tempo potrebbe succedere che quella di oggi sia anche l’ultima partita in azzurro di alcune giocatrici di questa Nazionale: a cominciare dalla stessa Egonu. Il condizionale è d’obbliglo perché è inutile prenderci in giro, una rivoluzione di questa portata, sulla Nazionale dello sport più “importante” per le donne italiane, dovrebbe essere condivisa anche con il Coni (ad esempio) o con gli investitori più importanti della federazione che hanno puntato tanto sulla “immagine” di questa Italia femminile che è reduce dalla vittoria dell’Europeo e della Nations League.
Paradossalmente, proprio il successo di Ankara a metà luglio è stato un boomerang per l’Italia. Forse qualcuno ha creduto che questa Italia fosse immortale e invincibile. Forse qualcuno ha creduto che tutto sarebbe stato accettato in nome dei trofei alzati. E qui vengono fuori le responsabilità della Federazione che ha sottovalutato il problema, ha pensato che finché si vinceva, tutto poteva essere accettato. Anche deroghe alla regola principale di ogni gruppo dalla notte dei tempi: che in una squadra non ci possono essere figli e figliastri. All’interno della Nazionale è accaduto qualcosa del genere. E anche lasciando ben chiusa la porta dello spogliatoio i rapporti si sono deteriorati un giorno dopo l’altro. Si è puntato meno alla crescita tecnica delle singole (anche Egonu) e si sono messi i problemi sotto il taraflex, pensando che la forza immensa della squadra avrebbe coperto tutto. Zé Roberto e il Brasile hanno portato tutti i problemi alla luce lasciando la federazione nuda. Che alcune giocatrici escano o meno dalla squadra nelle prossime settimane, quello che è certo è che l’Italia se vuole pensare di essere ancora competitiva sulla strada dei Giochi di Parigi deve cambiare qualcosa in maniera profonda. Sennò questo non sarà l’ultimo fallimento.