Nessun dubbio che il punto sia più gradito al Napoli che non all’Inter. Conte esce indenne da San Siro, con la conferma di aver annullato il gap con i campioni d’Italia e ancora in vetta alla classifica. Alla terza pausa del campionato non è poca cosa: gli azzurri hanno 5 punti in più rispetto all’anno scorso, i nerazzurri invece 6 in meno. E, sponda Inzaghi, questi numeri evidenziamo un secondo dato: quello di ieri è stato il quarto scontro diretto (Atalanta, Milan, Juve e, appunto, Napoli) e sinora i punti raccolti sono stati “solo” cinque. Ecco perché, ne siamo certi, c’è in fondo molta più amarezza in lui che non in Conte.
La partita, poi, è stata in realtà ben giocata: l’Inter, reduce oltretutto dalla Champions, ha reagito con piglio e autorità dopo essere andata sotto. Fisicamente ha tenuto bene, ha rischiato molto poco, a conti fatti solo all’ultimo secondo. Acerbi ha annullato Lukaku, le coppie Pavard-Dumfries e Bastoni-Dimarco, pur senza acuti, hanno fatto il loro. Su Calhanoglu invece che dire? A centrocampo è stato il solito faro, più lucido di Barella, più preciso di Mkhitaryan. Le insufficienze, semmai, le teniamo per i due attaccanti. E non è poco. Thuram appannato, Lautaro troppo lontano dall’area o troppo frenetico e inconcludente al suo interno. Il problema è che se i due non girano, Inzaghi non ha alternative di livello: Taremi, al di là del minutaggio che di volta in volta gli viene concesso, dà ancora l’idea di non essere parte integrante del progetto, mentre l’apporto di Arnautovic è quasi sempre sotto la linea della sufficienza. Se nel match contro il Napoli c’è un fattore negativo da evidenziare, in particolare, è questo. E, pensando al lavoro di Inzaghi e a quanto gli viene richiesto, si tratta di un problema non facile da risolvere. Tutt’altro.